domenica 10 aprile 2011

POMODORO DI CONCENTRAMENTO

 DAI LAOGAI (campi di concentramento cinese) ALLA NOSTRA TAVOLA

A fine marzo la Laogai Research Foundation ha presentato il suo primo rapporto "Dai lager cinesi alle nostre tavole" presso la sede di Coldiretti a Roma, dal quale ho appreso che l’incertezza agricola - e soprattutto salutare - in Italia va peggiorando.
La Cina, infatti, detiene il primato di notifiche per quanto riguarda i prodotti alimentari irregolari per presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori delle norme di legge dell’Unione Europea. Nonostante ciò, la nazione asiatica è seconda solo agli USA nelle produzioni alimentari: questo accade “grazie” alla concorrenza sleale che conduce nell’agroalimentare, dato che le importazioni dalla Cina sono superiori di due volte e mezzo alle esportazioni del “made in Italy” in Cina.
Quotidianamente dalla Cina arrivano nel nostro Paese oltre 200 kg di concentrato di pomodoro da lavorare e confezionare per farlo diventare “italiano” e ciò accade perché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento e non quello di coltivazione. Se vi sembra poco, i luoghi di coltivazione sono i laogai (campi di concentramento cinesi), in cui ogni giorno i cinesi detenuti sono obbligati a tagliare pomodori che poi saranno imbottigliati o messi in scatola per poi essere esportati fino in Italia.
Tutto ciò avviene in condizioni ambientali alquanto penose: i detenuti dei lager cinesi devono lavorare ininterrottamente e in ambienti malsani; molti di loro hanno contratto l’epatite e, nonostante ciò, sono obbligati ai lavori forzati per far sì che venga prodotto un pomodoro che al suo interno ha appena l’1% di pomodoro. Il restante 99% non è neanche cibo! Infine, sempre secondo le statistiche, ogni famiglia italiana compra circa 31 kg di questi pomodori trasformati. Come sempre, cresce anche il “problema italiano”, giacché troppi consumatori vanno sempre più di fretta soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione e quindi preferiscono evitare di “perder tempo” a tagliare e pelare i pomodori: pertanto non comprano i prodotti sani coltivati nelle nostre terre ma preferiscono rischiare la vita perché spesso e volentieri ormai il piacere viene prima del dovere.
Non è forse un dovere pensare alla nostra salute, ovvero alla nostra vita?
Emanuele Lopes, Responsabile de La lega della Terra Cerveteri
Per maggiori informazioni: legadellaterra@ilfascioetrusco.org

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