martedì 9 novembre 2010

La burocrazia ci costa 70 miliardi l’anno...






Prendono dalle nostre tasche una cifra pari al 4,6 per cento del Pil nazionale




Gli oneri amministrativi a carico delle imprese, dei cittadini e dello Stato hanno un’incidenza sul Pil italiano del 4,6%, che equivale ad un costo annuo per il nostro sistema Paese pari a circa 70 miliardi di euro (precisamente 69,96 miliardi). È il principale risultato emerso da un’analisi condotta dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre sui costi sostenuti dalle imprese (pubbliche e private) e dai cittadini italiani per “districarsi” tra certificati, timbri, comunicazioni, richieste di pareri ed autorizzazioni varie.
Anche nel resto d’Europa le cose non vanno meglio. Tra i 25 Paesi dell’Ue, il peso complessivo della burocrazia si aggira sui 407,2 miliardi, con punte massime sul Pil che toccano il 6,8% in Grecia ed Ungheria e il 5% in Polonia. In termini pro capite, invece, su ogni cittadino italiano grava un costo annuo pari a 1.165 euro. A fronte di una media europea pari a 866,2 euro, solo l’Austria, con 1.510,3 euro, la Grecia, con 1.407,3 euro e l’Olanda, con 1.283,7 euro, presentano dei costi amministrativi superiori ai nostri.
«Da questa analisi - commenta Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - oltre al peso che grava sulle imprese private e i cittadini, siamo stati in grado di includere anche gli effetti che la burocrazia impone alle aziende e alle amministrazioni pubbliche. Insomma, anche lo Stato è vittima del fuoco amico: è chiamato a far rispettare le disposizioni, ma anche ad applicare in prima persona tutte quelle norme, quelle procedure, quelle comunicazioni che in maniera spesso cervellotica e maldestra il legislatore continua ad imporre al sistema Paese drenando risorse e potenzialità che potrebbero essere investite per aggredire la crisi economica».
Alla Cgia ricordano poi che da un punto di vista legislativo con il “Taglia oneri amministrativi” è stata prevista la riduzione dei costi burocratici di tutte le materie di competenza statale, con l’obbiettivo di giungere, entro il 2012, come stabilito in sede comunitaria, alla riduzione del 25% dei costi amministrativi che gravano sulle imprese. «Se questa riduzione dei costi sarà rispettata - conclude Bortolussi - stimiamo un alleggerimento del carico burocratico sulle imprese pari a circa 18 mld di euro l’anno. In pratica, oltre un punto percentuale di Pil potrà essere investito per produrre ricchezza e combattere efficacemente le difficoltà economiche che ancora oggi attanagliano il Paese».
Dunque, le inefficienze della burocrazia ostacolano la ricerca economica, drenano risorse pubbliche e private, frenano gli investimenti. Eccesso di burocrazia, tempi lunghi di attesa e difficoltà a reperire le necessarie informazioni: ecco quello che, infatti, caratterizza il rapporto tra le imprese e la P.A. nel nostro Paese.
L’Italia è al 75° posto tra 183 Paesi per quanto riguarda l’avvio di un’attività d’impresa, mentre gli Stati Uniti sono all’8°, il Regno Unito al 16°, e la Francia al 22°. Germania e Spagna sono invece posizionate peggio di noi (rispettivamente all’84° e 146° posto). Non parliamo poi degli adempimenti fiscali, da noi lunghi e complicati, tanto che, su questi, la Banca Mondiale fa precipitare l’Italia al 136° posto in classifica, contro la 16ma posizione del Regno Unito, la 59ma della Francia e la 61ma degli Stati Uniti. E anche Germania e Spagna risultano migliori di noi. Questi aspetti, insieme ad altri, fanno sì che l’Italia sia al 78mo posto in graduatoria su 183 Paesi per quanto riguarda il rapporto tra la P.A. e le imprese. L’inefficienza della burocrazia statale è anche al primo posto tra le cause di criticità del fare impresa in Italia.
Le amministrazioni pubbliche non solo sono più di 10mila e in gran parte di ridotte dimensioni, ma soprattutto sono scarsamente efficienti. La performance del settore pubblico in Italia è parti a un indice di 0,83 contro una media dell’Europa a 15 di 0,94.
Insomma, ora è necessario e urgente avviare un serio processo di riforma della Pubblica Amministrazione. A questo si deve accompagnare una decisa riduzione e razionalizzazione del numero degli enti e di strutture burocratiche. Necessario ripensare anche la conferenza dei servizi che deve servire a superare inerzie e comporre veti delle amministrazioni e non, come accade oggi, essere causa di rallentamento o paralisi.

fonte: linea quotidiano nazionalpopolare
anno XIII numero 245

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