giovedì 12 novembre 2009

Apicoltura:Veterinario cercasi...


Per anni l’apicoltura è stata considerata un allevamento minore: pare essere questa la ragione principale della scarsa attenzione che a tutt’oggi, nonostante gran parte degli allevamenti siano in piena emergenza sanitaria , i medici veterinari pongono al nostro comparto. I corsi di laurea in Medicina veterinaria , peraltro, non prevedono percorsi formativi sulla conduzione apistica e sulle corrette modalità di prevenzione e controllo delle principali patologie dell’ alveare . Eppure la

legge delega al veterinarioufficiale la vigilanza e il controllo delle malattie infettive e diffusive delle api . Esistono tuttavia delle eccezioni: in Lombardia, ad esempio, esistono medici veterinari che con le api ci sanno fare. Giulio Loglio , referente provinciale per l’apicoltura della Asl di Bergamo, è uno di loro: Veterinario nonché Apicoltore . All’opera esemplare, che questo “medico delle api” ha saputo portare avanti negli ultimi venti anni, il mensile “La Settimana Veterinaria” dedica un dettagliato servizio che pubblichiamo volentieri e per diverse ragioni. La FAI – Federazione Apicoltori Italiani ha organizzato convegni nazionali sul delicato rapporto apicoltori-veterinari , in Italia si contano meno di uno specialista veterinario-apistico per regione: siamo agli ultimi posti in Europa e quasi tutti gli altri ventisei Stati membri hanno storicamente agevolato e promosso l’incontro tra questi due “operatori”, gli Apicoltori italiani non possono dirsi soddisfatti di tale condizione che li vede svantaggiati e spesso abbandonati quando si tratta di gestire le critiche condizioni di salute delle api. Per non parlare dei prodotti autorizzati: scarsa efficacia, costi elevati se si tiene conto che ognuno se li paga di tasca sua, ricambio di molecole praticamente fermo da ben quindici anni. Lungo questa strada non si va da nessuna parte. Anche gli Apicoltori , d’altro canto, hanno le loro responsabilità: dichiarano un numero di alveari inferiore a quello realmente posseduto, non denunciano le malattie che colpiscono gli apiari, non adottano comportamenti uniformi suggeriti da quei pochi in grado di dare consigli, non sempre usano prodotti autorizzati, non si fidano – diciamo noi – del livello professionale dei loro ispettori sanitari. Giulio Loglio è uno di quelli che a questi temi ha dedicato passione, impegno, buon senso. Consigliamo la lettura alle Autorità Sanitarie di ogni ordine e grado. E’ a loro tutti che l’Apicoltura italiana sta chiedendo aiuto.

© Fototeca FAI-Fabrizio Badoni

Leggi l’articolo de La Settimana Veterinaria

2 commenti:

  1. sono uno studente del terzo anno di veterinaria ,un figlio di un apicoltere amatoriale che spesso cerca di seguire con interesse questa difficile arte.
    vorrei ottenere informazioni sul tipo di ruolo che può avere il veterinario in questo settore e che tipo di percorso scolastico si deve seguire?
    se qualcune vuole rispondermi a bonetto-francesco@libero.it

    RispondiElimina
  2. Ciao Francesco,come dicevo nel post,occuparsi di apicoltura per un veterinario è un pò un casino proprio perchè le nostre università non offrono un indirizzo specifico.
    Per crescere in questo settore quindi bisogna giocoforza tentare di esperienza ossia interpellare quanti più apicoltori possibile,ascoltare le loro problematiche,come hanno affrontato i problemi in passato ecc...
    Ci sono poi molte pubblicazioni e le associazioni di categoria che possono darti ulteriori chiarimenti.
    Tutto questo ha ancora più rilevanza se il problema lo si affronta dal punto di vista del veterinario dell'ASL,che,in sostanza,si trova a dover comunque seguire le aziende,almeno per gli aspetti burocratici,ma che in caso serva una consulenza professionale,non sa dove parare,rendendo di fatto inutile la sua presenza in azienda.

    RispondiElimina